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sabato 13 dicembre 2014

Recensione: U2, "Boy"







Quando gli U2 non erano ancora gli U2, c'erano solo quattro ragazzetti capelloni e un pò "sfigatelli" che vivevano nella periferia di una delle città più roventi in quegli anni: Dublino.
Girare per le strade era pericoloso, poichè le tensioni interne tra l'IRA e i rappresentanti per i diritti civili erano altissime.
Non c'erano ancora mega tour iper-pubblicizzati ed oltremodo costosi, non c'erano i famosi occhiali da sole di Bono, sul capo del buon Edge non troneggiava il mitico cappellino di lana, ma una folta chioma di lunghi capelli castani; Larry non aveva ancora il fisico da palestrato nè lo sguardo da duro, ma un dolce visetto da bimbo, colmo di speranze e paure; e in quanto ad Adam, bè... lui sembrava appena tornato da un lungo viaggio in Afghanistan, con dietro un grosso carico di Kefieh e Narghilè.
I diciasettenni "Feedback"(così s'erano chiamati sino ad allora) provavano tra cucine e garage, e durante uno dei loro primi concerti chiesero al pubblico di scegliere tra due nuovi nomi: The Hype, e quello strano nomignolo consigliatoli da un loro caro amico, ed ispirato ad un aereo spia americano: U2.
Quello che scelsero i ragazzi che li ascoltavano, è ormai storia.
Un paio di anni dopo i quattro dublinesi ebbero l'opportunità di registrare il loro primo LP, un disco dalla copertina grigia e sfocata, con la foto di un bambino ancora innocente: Boy. Quale titolo migliore per l'album d'esordio di quattro individui che fondamntalmente erano ancora degli adolescenti?
Le linee di basso di Clayton sono essenziali, ma estremamente ficcanti, d'altronde suona quello strumento giusto dal tempo necessario per estrapolarne le basi.
Bono cerca ancora la sua voce, ma ci mette dentro una carica assurda, la rabbia di un quattodicenne che ha perso la madre troppo presto, e il carisma che l'ha sempre contraddistinto.
Mullen e the Edge sono gli unici a sapere davvero quello che stanno facendo; il primo è una vera e propria forza della natura, suona con una grinta e quella disinvoltura tipica di chi è nato per fare quella cosa e basta.
Il secondo non ha grande istintività, una tecnica ancora in elaborazione, ma ha tutto quello che serve ad un grande chitarrista degli anni 80': la creatività e il sentimento.
Queste poche, ma essenziali doti si riversano già nella prima traccia del disco, la storica I will follow, dedicata proprio alla madre di Paul Hewson, che si apre con il riff martellante di the Edge sovrapposto ad uno Xilofono che crea un'atmosfera straniante per il rock consueto, e ci trascina in pieno ambiente New Wave.
Post punk, New wave, e Punk-rock sono i tre generi che ritroviamo nettamente all'interno degli undici brani.
Twilight è una dimostrazione di come queste fonti d'ispirazione si fondano alla perfezione all'interno del sound "uduiano", richiamando al nostro orecchio gruppi quali Joy Division, Siouxsie and The Banshees, ma anche Clash.
An Cat dubh ci mostra il lato più "dark" della band, con il basso di Clayton che prende il sopravvento, accompagnandoci alla successiva Into the Hearth. Entrambe le canzoni fanno parte della stessa suite, ma la seconda ha addirittura un certo accento prog-rock, ed un cantato più gioviale, ma non meno melanconico.
Due parole a parte le merita il primo singolo, Out of control, dove incontriamo le influenze più apertamente punk, quelle dei Ramones per intenderci. Il pezzo è incredibilmente trascinante, e ci dimostra come la batteria di Larry sia fondamentale nell'economia sonora del gruppo, quasi quanto la splendida chitarra del buon Dave Evans, qui più squillante che mai con l sua Gibson Explorer. Ma soprattutto ci ricorda che questi quattro giovani sono animali da palcoscenico; la loro comunicatività è l'arma fondamentale.
Sullo stesso binario prosegue Stories for boys, dalla quale esce ancora una volta trionfante il ritmo indomabile delle percussioni, e la voce potente di Bono.
The Ocean è forse il brano più riflessivo dell'intero album, fortemente New Wave, con leggere contaminazioni di suoni elettronici, specie nel finale.
A day without me è invece una canzone tutta basata su un tipico ritmo anni 80' ed una melodia decisamente virante verso un fresco pop, sebbene il testo riguardante l'idea del suicido in età giovanile e dedicato in particolare a Ian Curtis (che da poco s'era tolto la vita), sia tutt'altro che spensierato.
Another Time, another place lascia spazio ai tipici cori di Edge e Bono che ci accompagneranno per tutta la prima parte della loro carriera, e ancora una volta alle poche, ingegnose, taglienti, spiazzanti note della chitarra. La voglia di trovarsi in un altro posto e in un altro luogo, tipica dei giovani, raccontata dai giovani ma con una maturità insolita, e con una chitarra che talvolta ricorda più i rintocchi di una campana d'un enorme cattedrale. Una canzone struggente.
The electric Co. tocca il tema dei disagi psichici, e di come fossero maltrattati coloro che ne soffrivano all'epoca, costretti a sopportare la brutalità dei manicomi, talvolta dell'eletroshock, finendo così coll'aggravare ulterirmente la propria salute mentale.Il pezzo è ancora oggi un classico nei concerti del gruppo, tant'è forte la sua carica emotiva.
Chiude questo splendido album d'esordio l'unica (se così la si può definire) ballata: Shadows and tall trees.
Ballata atipica poichè basata sui colpi di rullante della battertia, ma unico pezzo che mette in risalto una chitarra acustica ancora poco usata dal buon Edge. Il cantato ha qualcosa di poetico e conturbante, che lascia l'amaro in bocca.
I giovani U2 hanno appena finito di raccontarci la propria innocenza, e già la stanno perdendo. Stanno diventando degli uomini, e di qui a poco, saranno star internazionali.
Mai nella storia della musica, o almeno di quella rock, era stato fatto un racconto così lucido su cosa volesse dire avere 18 anni, le paure, le speranze, la rabbia di un'età tra le più difficili, di certo quella che si ricorda per sempre con maggiore nostalgia.
Perdere l'innocenza, questo è il tema centrale del disco.
Una tematica incredibilmente nuova  nell'immaginario rock, contraddistinto sino ad allora soprattutto da temi come il sesso, la droga, o paradossalmente da argomenti "troppo pesanti" per inglobare compiutamente i sentimenti di intere generazioni, che lungo il cammino di differenti e lontanissime epoche hanno sempre tentato di sembrare più grandi, di diventare presto adulti, per riscoprirsi poi cresciuti troppo in fretta, ed accorgersi in fine di quale immensa poesia volesse dire essere dei "semplici" ragazzi.

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