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lunedì 8 settembre 2014

Recensione: Karate, "The bed is in the ocean"



Karate: “The bed is in the ocean”




Chi sono i Karate?
Se non avessi frequentato un negozio di dischi, neanche io lo saprei. Devo rendere grazie al proprietario di quel negozio, se ho avuto la fortuna di conoscere quello che è, secondo me, uno dei gruppi più sottovalutati degli ultimi vent’anni.
Come spesso capita, non m’innamorai subito di questa band, ma ebbi la sensazione che un giorno o l’altro avremmo fatto i conti, perché questo Geoff Farina (mente, voce e chitarra del gruppo) m’incuriosiva non poco.
Intendiamoci, i Karate non sono solo il loro frontman, anzi, tutte le loro canzoni si basano sulle radici di una sezione ritmica invidiabilmente incisiva. Ma quel ragazzetto (oggi ultraquarantenne) magrolino e anche un po’ trasandato davanti al microfono, suona dannatamente bene, e quando canta tira fuori l’anima.
Tornando al giorno nel negozio di dischi, decisi di comprarlo quell’album.
Il suo titolo era Some Boots, e quando arrivai a casa lo ascoltai dalla prima all’ultima canzone.
Suoni scarni, un chitarrista tra i migliori di sempre, malinconia, periferia di Boston, qualche sigaretta, e tanto jazz.
Dopo una settimana non potevo smettere di ascoltarlo.
Comprai un secondo disco, l’esordio Karate: 1996, molto più grunge, molto più incazzato, stessa bravura. Ugualmente un capolavoro.
Ecco perché vi parlo di The bed is in the ocean.
Perché qualsiasi album dei Karate io possa scegliere è comunque un prodotto sopra le righe, e questo lo è più degli altri, rappresentandone la miglior sintesi.
Si parte con uno slow rock impregnato di jazz, e passando per il funky e qualche lineamento grunge, si giunge nuovamente alle atmosfere soffuse tipiche di questa band.
Non un complesso da grandi spazi, ma da piccoli club.
È lì che mi sarebbe piaciuto vedere e ascoltare i Karate, se solo non si fossero già sciolti (dopo aver pubblicato ben sette album) a causa dei problemi d’udito di Farina.
Ed è lì che, dopo aver ascoltato la dolce- amara There are Ghosts, la palpitante Diazapam e la marziale Outside the drama, insieme avremmo bevuto una birra, chiacchierando dei nostri problemi e dicendocene di ogni tipo.
Perché la forza di questo trio, a parte nella ricerca dell’originalità e nell’infinita bravura musicale dei suoi componenti, sta nell’essere persone qualsiasi, senza spocchia e pieni di umiltà.
Un’umiltà che traspare pienamente dalla la loro meravigliosa musica .
E allora, che altro aggiungere… “Cheers” guys!

Voto: 8.5/10

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