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sabato 23 maggio 2015

Umano poco umano

Era uno degli ultimi compiti in classe del quinto superiore: tema d'italiano.
No problem, a me l'italiano era sempre piaciuto, tanto più se si trattava di scrivere qualcosa.
Delle varie tracce e di quello che scrissi nel testo ricordo ben poco, ma ricordo nitidamente il titolo che diedi al mio tema. Parafrasando all'inverso Nietzsche, filosofo al quale m'ero molto appassionato (rendo grazie all'indimenticato prof di filosofia), decisi di titolare il mio testo "Umano poco umano".
-Cavolo, fà davvero figo!-pensai.
Pensavo di aver capito il messaggio di uno dei più grandi filosofi di sempre, e per giunta mi arrogavo il diritto di riattualizzarlo in una prospettiva completamente differente.
A sentirlo oggi quel titolo, mi viene da sorridere. Sia ben inteso, la mia era stata una buona intuizione (asserire che gli umani fossero diventati poco sensibili agli aspetti prettamente esistenziali, enfatizando paradossalmente proprio i loro grandi passi in avanti in ogni campo del vissuto), ma in effetti non c'era davvero nulla di "figo" in quel titoletto da quattro soldi. Davvero poco originale, "scamuffo" direbbe qualche mio buon amico. Per di più ho il fondato dubbio che la mia prof d'italiano non intese il mio, non troppo velato, riferimento al pensatore tedesco. Ma devo riconoscerle il merito di avermi messo un 9,5 a quel compito se non erro, per cui va bene così.
Ad ogni modo perchè oggi torno a parlare di un compito del quale a te non interessa nulla, e che perfino io avevo quasi dimenticato?
Bè, perchè dietro quell'idea un pò adolescenziale di fare il saputello anticonformista della situazione, si celava una piccola grande verità; ovvero che l'uomo ha perso di vista i capisaldi della propria esistenza.
Che bello scoop, direte voi! Già, nulla di nuovo sotto al sole, nulla di cui non abbia già parlato qualche scrittore infinitamente più bravo di me, premio nobel o cantante squinternato che predica la pace sulla terra.
Eppure ancora oggi dopo cinque anni non riesco a trovare un titolo migliore per quel mio "famoso" tema d'italiano. Ancora oggi, e ancor più d' allora, le problematiche che vedo attorno a me sono le stesse e semmai sono peggiorate e non di certo state risolte. Ecco perchè ti parlo di quel titolo. Un titolastro così insulso e stiracchiato che non siamo neanche riusciti a privarlo di ogni significato, cambiando il nostro modo di fare o vedere le cose.
Ognuno ha una sua vita con le sue esperienze, che di certo saranno diverese dalle mie. Io non posso nè voglio dirgli cosa sia giusto o sbagliato.
Infondo non ho mai creduto nelle verità universali, ma sono profondamente convinto che le diverse sfumature delle nostre miriadi di anime vadano incanalate verso un punto d'incontro che ci consenta di condividere un'esistenza di rispetto reciproco e dignitosa. Insomma non sto dicendo nulla di nuovo, questo è (o meglio dovrebbe essere) il fondamento di ogni società che possa definirsi tale. Ne hanno parlato milioni prima di me, da Hegel ai filosofi greci; ce l'hanno in bocca costantemente i nostri pseudo politici, ma ne parlano più per attirare voti che per risolvere i problemi.
Ma a te, caro lettore che hai la pazienza, e un pò anche l'incoscienza di leggere queste righe, io mi rivolgo: Non abbiamo sempre detto che noi siamo diversi dagli animali? Che ciò che ci differenzia sta racchiuso nel miracolo dei nostri neuroni (secondo gli scenziati atei) o nella scintilla divina che ci ha creati a sua immagine e somiglianza (per i credenti)?
Eppure dovunque io mi giri, con chiunque io parli, anche con le persone che stimo e approvo maggiormente, non riesco a trovare qualcuno che non si scagli impietosamente contro il suo prossimo. E in questo caso con il termine prossimo faccio riferimento in particolare a quei poveri cristi che arrivano (quando non vanno a picco) ammassati come bestie su dei barconi che fanno acqua da tutte le parti.
No, caro lettore, non voglio fare retorica e non ti ammorberò  con le solite chiacchiere vuote di tanti Talk Show. Non voglio fare politica, la lascio fare ai professionisti che loro sono più bravi di me a sparare cazzate.
Io voglio solo parlarti del tuo "essere umano", di quello che sosteniamo ci diversifichi dalle altre specie.
Sgombriamo il campo: non sono ipocrita, so bene che non possiamo accogliere e far restare nel nostro territorio milioni di persone senza risentirne menimamente. Ovviamente c'è una politica europea del tutto sbagliata in questo senso, considerato peraltro che molti degli immigrati neanche ci vogliono rimanere in Italia, ma preferirebbero altri paesi del nord Europa.
Ma quando sento i miei coetanei o i loro genitori o chei per loro, asserire che questa gente "ci ruba il lavoro, non paga le tasse, si arroga troppi diritti" la mia indignazione sale alle stelle.
Io ho venitrè anni, e apparte qualche piccola esperienza non ho mai avuto la fortuna di avere un lavoro, figuriamoci stabile e ben pagato. Eppure non mi sono mai scagliato contro dei ragazzi come me, che probabilmente hanno più bisogno di me, e che si spaccano la schiena per raccogliere i pomodori sotto il sole cocente per 2 euro all'ora. "Sè! magari fossero tutti così", mi dirai tu che mi critichi.
Ebbene, perchè non ci sono italiani che rubano, evadono le tasse, se ne infischiano d'ogni legge, massacrano a calci il proprio vicino di casa? A me pare che ce ne siano, e di certo ci saranno altrettanti tunisini, palestinesi, bengalesi, libanesi che lo fanno, ma per favore non ne facciamo una questione di razza o cultura, perchè questo è uno schiaffo alla nostra intelligenza. Queste sono cose che purtroppo possono tal volta far parte della natura umana, quand'essa è distorta per un motivo o per un altro.
Anche io ogni giorno faccio i conti con le difficoltà che la nostra società ci pone: fare a spallate per ogni cosa, anche per il più misero lavoretto di poche settimane e sottopagato. Sì, ci hanno lasciato le briciole e avete ragione ad essere incazzati. Ma prima di scagliare la prima pietra guardiamo a noi stessi: Siamo davvero così onesti, buoni, pronti a sacrificarci per il nostro fututro?
Ve la prendete con chi mette a rischio la propria vita per un futuro migliore, ma avete mai provato a prendervela col vostro concittadino che si fa raccomandare pur senza avere alcuna competenza, e riesce a sistemarsi a vita? Ve la siete mai presa con quelli che alzano la voce contro i più deboli, e poi mettono la coda in mezzo alle gambe quando il capo li chiama deficienti? Ve la siete mai presa con chi compie qualsiasi imbroglio pur di fregarvi? Ve la siete mai presa contro questo sistema  malato frutto di una mentalità occidentale tutta tesa all'individualismo?
No, voi preferite accanirvi contro chi non c'entra niente, con chi è più debole e vulnerabile. E questo non vale solo per gli immigrati (quali i vostri nonni, zii e padri e forse anche voi siete stati) ma per ogni ambito della quotidianeità. A scuola, sul lavoro, alle poste e in banca, perfino nel tempo libero il più forte si accanisce contro il più debole.
Ecco perchè siamo poco umani. Perchè essere umani sottende una forma di socialità e condivisione della vita che noi abbiamo completamente dimenticato, semmai l'avessimo avuta. Siamo bravissimi a scrivere le nostre pseudo-intuizioni sui social network, a scopiazzare le migliori frasi dei grandi intellettuali e a sentircene ogogliosi; ma quando si tratta di accogliere una persona, chiunque essa sia, e di condividere con lei una parte dei nostri diritti, ce ne freghiamo altamente di tutte le belle parole che hanno cercato invano di insegnarci alcuni buoni maestri.
Perchè infondo noi non siamo tanto diversi dagli animali. Anzi, forse sappiamo essere molto più crudeli. Homo homini lupus diceva qualche saggio molti secoli addietro. Lui qualcosa ne capiva della natura umana. Ma io sono qui a scrivere queste cose perchè credo ancora che possiamo migliorare da questo punto di vista, semplicemente mettendoci un pò di più nei panni dell'altro, e non aprendo la bocca per darle aria.
In particolare un ammonimento mi sento di farlo a quelli che si reputano dei cristiani "ortodossi", che magari vanno ogni domenica in chiesa e dicono pure le preghiere. E poi quando ti ci fermi a parlare al bar, ti dicono che questi "immigrati sono degli stronzi e dovrebbero tornarsene a casa loro e che fanno bene se li bombardano ai barconi" magari pure con loro sopra.
Non sta a me giudicarvi. Io faccio milioni di errori, magari più di voi, e combatto ogni giorno per migliorarmi spesso senza riuscirci. Ma qualcuno che voi dovreste conoscere, molto più in gamba di me, migliaia di anni prima di me, una volta ha detto : "Ama il prossimo tuo come te stesso!"
Ma forse anche lui s'era sbagliato.

venerdì 15 maggio 2015

Goodbye King of blues!

Questa notte è venuto a mancare alla veneranda età di ottantanove anni un artista che ha rivoluzionato il suono della chitarra elettrica. Uno dei migliori bluesman di sempre, un grande uomo, sia fisicamente che eticamente.
A te va tutto il mio affetto e la mia stima B.B. King. Chi ti ha ascoltato non dimenticherà mai il tuo timbro che raccontava l'anima del mondo, la tue note che saettavano luce e tenebra a seconda di ogni tuo tocco, del tuo stato d'animo. Un piccolo omaggio alla tua enorme musica.... Goodbye King of blues!


martedì 12 maggio 2015

Pino Daniele, "Nero a metà"



Da tempo avrei voluto parlare di questo disco. Ma il momento sembrava sempre essere quello sbagliato. Vuoi perchè stavo ascoltando cose completamente diverse, vuoi perchè la trasformazione musicale di Pino non mi garbava molto, vuoi perchè era scomparso da poco; mi era sempre apparso inopportuno accostarmi a questa splendida opera.
Oggi questo senso di inappropriatezza del tempo è venuto meno, e mi sento di buttare giù due righe per uno degli album che hanno segnato la mia infanzia e prima adolescenza.
Vi è mai capitato di viaggiare sull'auto di vostro padre che tiene nel lettore per giorni, a volte mesi, lo stesso disco? Sono certo di si.
A me capitava, e capiterebbe ancora (non fosse che lo stereo nell'auto di papà non funziona più), spesso. E il più delle volte se fortunatamente non c'era qualcosa dei Pooh (non me ne vogliano i loro tanti fan) allora c'era Nero a metà di Pino Daniele. Per cui credo di aver ascoltato queste canzoni centinaia e centinaia di volte prima di invaghirmene e di coglierne l'importanza. E grazie a Dio a mio padre non piacciono solo i Pooh!
La malinconia acerba di uno "scugnizzo" napoletano dalla voce peculiare ed espressiva intrecciata alle note della sua vibrante chitarra, riecheggiante ritmi americani, ora blues, ora soul, ora funky... che dire, un vero uragano di rinnovamento nella canzone italiana, impantanata in quegli anni (parliamo dei primissimi ottanta) tra paillettes di gruppi quantomeno monotoni. E se escludiamo la scena cantautoriale, che in Italia ha quasi sempre avuto una buona salute, e lo sperimentalismo dei Napoli Centrale, in quel periodo musicalmente parlando il nostro paese era quasi nell'oblio rispetto all'Inghilterra e all'America che producevano super gruppi, i quali avrebbero segnato la storia del rock e non solo.
In mezzo a questo nulla risultante dalle macerie della canzone popolare prima, e del gaudente prog rock italico poi, spunta una scena napoletana che promette qualcosa di nuovo. Che conosce i grandi miti della chitarra, del blues, ma che non si dimentica delle proprie radici.
Pino Daniele è stato indubbiamente il più alto esponente di questo genere, e prima di lasciarsi andare ad "esperimenti" un pò troppo poppaioli e latineggianti (molto Santana's way per intenderci) ha segnato un solco originalissimo nella nostra cultura musicale, dal quale sono germogliati brani indimenticabili .
Tornando a me e alla macchina di mio padre, culla del mio svezzamento musicale, già a otto o nove anni non riuscivo a non sentirmi coinvolto quando dall'altoparlante veniva fuori una voce che sbraitava " A me me piace o Blues e tutt'e juorn aggià kantà!"
Quella di Pino era un'energia speciale, che solo i veri artisti riescono a trasmettere. La sua inadeguatezza la esprimeva in testi forti, così forti che anche le persone più semplici, come me che all'epoca ero solo un bambino, riuscivano a sentirla. Ecco perchè il popolo lo ha sempre amato. Perchè Pino parlava con loro, e spesso come loro.
Quando c'è una storia dietro ad una canzone, riesci sempre ad intuirne l'intensità. La musica non si fa col bilancino o con le regolette dei professoroni, ma con "il sangue e il sudore". Questa è la sola musica che ho voglia di ascoltare. E questo è quello che ci racconta il testo di "Musica, musica" un'altra delle mie canzoni preferite da bambino, tanto che quando andavo a scuola ne scrivevo qualche verso sulla lavagna. "Con la musica, musica posso dirti anche no". Tipico di chi si è sempre sentito un pò sfigatello e ha trovato nella musica il solo modo per riscattarsi.
Ma oltre i testi, quello che più colpisce delle composizioni di Daniele è la melodia. Una melodia superba che pesca dalla migliore tradizione del Blues ma che non disdegna affatto le atmosfere più prettamente mediterranee (ascoltasi I say i'stò ccà) creando un connubio sonoro che si fa a volte più drammatico e poetico (Appocundria) e altre più spavaldo e rockettaro (Puozza passà nu guaio).
Il tutto accompagnato naturalmente dalla caratteristica chitarra del cantautore partenopeo, inconfondibile.
Qualcuno ha paragonato Pino Daniele a Jimy Hendrix, in un ottica tutta italiana ovviamente. Non voglio scomodare il più grande chitarrista di sempre, ma di sicuro Pino Daniele è stato uno dei pochi in Italia a tentare di seguire la sua lezione. Ha dato un carattere musicale internzaionale alle sue canzoni, e ha scritto tante piccole poesie sulla condizione di un uomo, spesso dell'uomo, disegnando con parole semplici grandi orizzonti per chi lo avrebbe seguito. 
Perchè Pino era proprio come questo suo album. Era forte e fragile al tempo stesso, era incazzato ma anche indifeso, era spavaldo ma anche dolce, ironico e gioioso eppure  triste. Suonava come un bluesman americano ma cantava in napoletano,  aveva un corpo robusto ma una voce acuta e suadente. Infondo lui uno a metà lo è sempre stato. E questo album lo descrive meglio di qualunque altro, proprio così com'era: Nero a metà.