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sabato 4 febbraio 2017

Vuoi la verità?


Quando avevo quattordici o quindici anni scrivevo spesso. Molto più alacremente di quanto non faccia adesso. Avevo sempre qualcosa da dire su ogni argomento, perché m’illudevo di conoscere “la verità”. Quello che era giusto o sbagliato, bello o brutto, per me era facilmente distinguibile all’epoca.
Oggi, paradossalmente, sono molto più insicuro di quando ero ancora un adolescente.  “The more you see, the less you know”, c’è qualcosa di terribilmente vero in questa frase banale. Almeno nel mio caso.
Le “chiacchiere vuote” hanno perso rilevanza nel mio modo di intendere le cose, ed ha acquisito enorme preponderanza “il fare”. Ho smesso di idolatrare i  miti della parola scritta, della filosofia, del pensiero, ed ho cominciato a spostare la mia attenzione sulla gente che fatica ogni giorno, e che con il suo sudore conduce un’esistenza “normale”, ai limiti della banalità. Una vita fatta di sacrifici incastonati con momenti di tenerezza ed effimera gioia. I miei eroi sono i padri e le madri di famiglia che lavorano, crescono la propria prole, si divincolano tra le redini di una società ingarbugliata e fatua.
Che senso ha occuparsi di ciò che va oltre queste tematiche?
Qui, tra questi anni di vita spesi nell’ordinaria routine del lavoro (o della sua ricerca), dei lutti, delle nascite, delle tasse da pagare, degli esami da superare, delle malattie da affrontare, si cela tutto ciò che di più alto e basso possa esserci nell’animo umano. Non mi interessano le storie straordinarie, mi interessano quelle ordinarie, quelle che tutti potremmo avere.
Ecco perché non scrivo più tanto, e come prima: le parole non mi attraggono quanto una volta, i fatti le schiacciano con il loro peso inevitabile.
Mi sveglio ogni mattina, e mi chiedo come possa migliorare la mia vita, e quella di chi mi sta attorno: non trovo risposta più adeguata se non quella di sforzarmi, di fare, di esserci nei momenti brutti e in quelli belli. Esserci, come una roccia che resiste tra le violente onde di una mareggiata, che si sgretola sì, ma poco a poco, senza lasciarsi spezzare. Non ho ambizione più grande che essere quella roccia.

Le verità assolute ed elevate le lascio a chi ha bisogno di  carezzare il proprio ego: le persone di cui ho stima sono quelle che percorrono una via disseminata di buche da saltare, e dossi su cui salire. E in questa vita “la verità” la si scopre passo dopo passo, incontro dopo incontro, risalita dopo caduta, e non è un insieme di piccole o grandi rivelazioni, ma la sintesi di un travagliato percorso personale, prima ancora che attraverso il mondo, dentro se stessi.

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