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sabato 20 luglio 2019

L'Aquila: cronaca distratta di una sessione di Laurea

L'Aquila.
Laurea specialistica di mia sorella.
Sala gremita di astanti chiassosi e distratti. Distratto anche io, posto che la logopedia, ad oggi, non mi  interessi granché, e che il microfono non amplifichi minimamente la voce delle laureande. Per la loro gioia, immagino.
Quantomeno resto in silenzio e cerco di allietare il mio scorrere del tempo scrivendo quanto segue.
Il viaggio da Gambatesa al capoluogo abruzzese è stato lungo e tortuoso: se in linea d'aria le due località distano poco, lo stesso non può dirsi del chilometraggio stradale, per di più appesantito dal tragitto ascendente e sinuosissimo. Così, partiti alle 3 del pomeriggio, dopo una breve pausa a metà via, siamo giunti a destinazione solo alle 19.00.
Subito ci siamo recati a Collemaggio, pregevole Basilica finemente lavorata all'esterno (l'interno, visto l'orario, aveva già chiuso al pubblico), e alla celebre ed iconica fontana delle 99 cannelle.  Poggiati i bagagli al "BeB" dove trascorreremo la notte, ci dirigiamo in centro: cena in un colorato ristorante dal non vago sapore arnoldiano (quello di Happy Days, per intendersi), dove, per coerenza, ordino un riso basmati con pollo in salsa thai. Buono, forse un po' troppo americano.
Per digerire e soddisfare l' immaginazione oltre che l'appetito, si passeggia in centro, perlomeno nella parte di quello che risulta accessibile. L'Aquila è una bella città, dal passato visibilmente più rilevante (storicamente) rispetto alla nostra Campobasso, testimoniato da eleganti palazzoni, cospicue chiese e ampie piazze; un presente magmatico ma pulsante, con i tanti giovani che, nonostante la ferita ancora sanguinante del sisma, pullulano nelle strade, tra i locali che sprizzano fame di "eros e thanatos", con cocktail di musica e, immagino, qualche pasticca digestiva, non priva di pericolose controindicazioni. Il futuro è un'incognita, qui come altrove, forse più che altrove, ma la sensazione è che, di là dei cliché, questa città abbia la forza per risollevarsi, confidando nella speranza che nuovi sismi non tornino a scuoterla così forte, sempre che la feroce ingordigia di alcuni uomini non si presti meglio e prima allo scopo.
Viaggiare mi piace sempre più, sebbene non sia ancora riuscito a vincere alcune prassi che contrastano quest'avvincente attrazione: abitudinarietà, poco, pochissimo sonno, ansia di vedere, girare, assaggiare, conoscere, e l'inevitabile stanchezza che ne consegue. In compenso, mi adatto un po' più che in passato.
L'Aquila, questo posto così simile eppure diverso da quello in cui sono cresciuto, questo popolo martoriato dalle  doglie della Terra e dall'incuria di diversi suoi abitanti, mi ricorda ancora una volta quanto io sia piccolo, e quanto possa contare ogni gesto dei "piccoli" come me, se consapevoli di non poter controllare per intero la propria esistenza né di esserne inevitabilmente succubi, bensì di poterla in una certa misura influenzare.
Così è quasi giunto il turno di mia sorella, io non so se ho detto quanto avrei davvero voluto, in realtà non so bene nemmeno cos'ho effettivamente detto, ma mi sento come sollevato, ora che ci ho almeno provato.

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