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giovedì 11 febbraio 2016

Gli "ingessati" e i "disfattisti militanti".

Non molti giorni addietro ho assistito ad un interessante convegno, nel quale si è parlato, per farla breve, del futuro del nostro territorio e quindi di noi giovani.
Uno dei relatori, per la verità una persona che mi è parsa preparata sul tema e colta, ha però accennato ad una definizione rivolta ad alcuni ragazzi d' oggi, che non mi è piaciuta affatto, se non altro per il modo superficiale in cui è stata proferita: "gli ingessati".
Gli ingessati ,secondo questo signore, sarebbero molti dei miei coetanei (forse anche io), che non riescono o non vogliono porsi in maniera attiva e costruttiva nei confronti della società che li circonda.
Fin qui sono d'accordo, l'appellativo è assolutamente centrato. Perché è vero noi siamo, o quantomeno spesso ci sentiamo, degli ingessati, soprattutto rispetto a chi negli anni ottanta o ancora più addietro aveva la nostra età. Ma ci siamo posti la domanda, qualcuno dei nostri concittadini più in là con l'età, se l'è mai posta la domanda del perché di tutto ciò? Perché siamo così legati, immobili, inetti come lo Zeno del buon Italo Svevo?
Sempre lo stesso signore del convegno sosteneva di non volersi rivolgere a questo tipo di persone.
A parte che escludere a priori degli interlocutori, per di più ragazzi e quindi linfa vitale del nostro divenire, senza nemmeno ascoltare le loro opinioni, o almeno dargli la possibilità di esprimere le proprie presunte ragioni, è di per sé un atto fascista, e mi stupisce che a proferire questa sentenza sia stato uno che si è lasciato tranquillamente definire "compagno". Inoltre il nostro relatore si è dimenticato una fase fondamentale della costruzione di una risposta, e conseguentemente di una proposta: una domanda. Ovvero il nostro non si è chiesto la ragione per cui questi ragazzi, noi ragazzi siamo spesso "ingessati", e ci ha sbattuto in faccia le porte di ogni presa d'iniziativa.
Io credo che se molti di noi si sentono inermi nell'attuale situazione socio-economica-politica, la responsabilità prima debbano prendersela coloro che potrebbero essere i nostri genitori, zii o anche nonni. E no, non è la solita storia dello scarica barile, perché sono convinto che noi abbiamo delle pesanti responsabilità al riguardo, ma non possiamo ignorare il gravoso fardello della pedagogia, della forza dell'esempio, della necessità di un dialogo.
Mio padre da ragazzino partecipava alle manifestazioni, faceva il rappresentante d'Istituto, s'interessava alla propria contemporaneità. Anche io ho fatto queste cose più o meno come lui, ma ci divide un' enorme differenza: dagli anni novanta in poi i giovani hanno perso sempre più quel ruolo di voce sociale che rappresentavano prima, e lo hanno fatto anche e soprattutto perché nessuno dava più loro tanta importanza. Nessuno (o davvero qualcuno) ha dato loro il buon esempio, nessuno si è mai posto il problema che la società sprecona e immorale che stavano costituendo potesse porre le basi per la presunta "immobilità" giovanile in cui versiamo.
Non condivido l'atteggiamento di chi se ne frega del proprio presente, né lo giustifico. Io stesso mi sono scagliato spesso contro queste persone, ma non tanto per demonizzarli, quanto per tentare di risvegliarli, di risvegliarmi, dal torpore che ci circonda.
Pensionamenti a 50 anni, stipendi fissi e liquidazioni abnormi garantite senza dare alcuna garanzia, pensioni di invalidità regalate, parlamentari che hanno preso e continuano a prendere vitalizi  "vita natural durante", avendo lavorato (in molti casi rubato) si e no per una legislatura, consiglieri regionali che continuano a percepire 10.000 euro e rotti al mese mentre un'operaio, un piccolo imprenditore, un agricoltore, un "call-centerista" non arrivano a fine mese, e questi vengono a dirci che siamo degli ingessati??
Non è che prima queste cose non esistessero, ma di certo nel corso degli anni 60' fino ad arrivare ai giorni nostri si sono acuite terribilmente, fino a surclassare lo status di semplice fenomeno "occasionale". Questa ad oggi, e per almeno gli ultimi 40 anni, è stata ed è la normalità.
Allora per poter dire qualcosa che abbia un senso ed un peso, bisogna anche avere degli interlocutori eticamente  presentabili e rappresentativi. E diciamoci la verità, in molti casi (ovviamente questo non vale per tutti, lungi da me generalizzare) chi oggi ha 50 o 60 anni, e magari ha anche avuto la possibilità di legiferare e decidere in qualche modo delle nostre vite, non lo è.
E noi sì, questo è vero, dovremmo incazzarci molto di più, e costruire un' alternativa a questa deriva. E qui mi assumo tutta la mia, la nostra responsabilità.
Ah dimenticavo... sono stati citati negativamente anche dei presunti "disfattisti militanti". Evidentemente nella cornice di un convegno che tratta di proposte per il futuro non è possibile disquisire per ore su tematiche tanto delicate, ma è dovere della persona intelligente pesare le proprie parole: un conto sono quelli che dicono no a prescindere e sanno solo criticare, un conto sono coloro che si pongono giustamente delle domande, e approcciano in maniera critica alle proposte provenienti dall'alto.
Se non ci fossero stati certi "disfattisti militanti"  oggi saremmo ancora sotto la monarchia, o tutt'al più ad un regime totalitario, dove un qualsiasi idiota avrebbe potuto decidere a suo piacimento della sorte dei suoi consimili.
Ora che ci penso però, anche se all'apparenza tutto sembra più confortante e sbrilluccicante, non ci siamo poi così lontani.  

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