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sabato 6 febbraio 2016

Un'idea di futuro, la consapevolezza del presente, la conoscenza del passato.

Ieri si è tenuto a Gambatesa un convegno dal titolo "Territori che pensano il futuro, il Fortore". 
Avrei dovuto leggere alcune mie considerazioni in quest'occasione, ma a causa di un contrattempo occorsomi durante gli ultimi minuti della discussione, e presa inoltre coscienza del fatto che molti dei temi che mi sarei apprestato a toccare erano già stati ampiamente discussi e s'era dunque passato a discorsi più specifici, non ho potuto farlo, e ho quindi pensato di riproporle sul mio blog. Quello che segue è il mio pensiero.

Quando il nostro sindaco, Carmelina Genovese, mi ha proposto di fare un piccolo intervento durante quest’importante occasione, in un primo momento mi sono sentito spiazzato.
 Sì, spiazzato perché oggi appare sempre più raro che un amministratore chieda ad un semplice cittadino, peraltro un giovane, di esprimere la propria opinione riguardo temi cruciali che ci riguardano tutti, come quello che si sta trattando qui oggi.
L’input che la nostra amministratrice mi ha dato, è stato il seguente: “cosa manca a voi giovani in un paese come il nostro? Sarebbe utile se un ragazzo come te dicesse la propria su questo tema.”
Ebbene è proprio questo il motivo per cui, nonostante la mia iniziale reticenza, ho deciso di non mancare quest’opportunità, scrivendo queste poche righe che mi appresto a leggervi.
Proprio perché la prima risposta che mi è venuta in mente riguardo alla domanda “cosa manca a voi giovani?” è stata la seguente: essere maggiormente coinvolti nel nostro presente e futuro, e conseguentemente, in quello del nostro territorio. E quando il primo cittadino del tuo comune, non solo ti offre l’opportunità di esprimere la tua opinione al riguardo, ma ti sprona inoltre a farlo, ritengo che sia un dovere non tirarsi indietro. Questo è il motivo per cui mi trovo qui a parlarvi, non in veste di esperto del settore, né di politico, ma in quanto semplice e giovane cittadino, che come voi ha a cuore il suo avvenire, e quello dei luoghi in cui vive.
Inutile negare che la piaga che maggiormente affligge la nostra terra è quella della mancanza di lavoro. Non sta a me dare soluzioni a questa problematica, poiché  non ne ho le competenze né le capacità, ma ritengo che le iniziative come quella odierna, che ci troviamo a discutere, vadano nella giusta direzione.
In un territorio che, come il nostro, non gode di una posizione geomorfologica favorevole, per la conformazione stessa delle nostre colline, monti e valli, e per la sua marginalità rispetto ai centri economici più importanti della Nazione, è a mio parere necessario puntare a valorizzare quello che abbiamo, piuttosto che a costruire quello che comunque non ci renderebbe tanto quanto rende in zone più centrali e adatte al suo sviluppo. E qui mi riferisco in particolare alla vocazione agricola e rurale del nostro territorio.
È allora giusto investire le risorse economiche che ci vengono concesse in due principali ambiti, a mio modo di vedere, tra loro correlati: la cultura e l’agricoltura.
Dunque incentivare un tipo di agricoltura, e perché no, di turismo gastronomico e culturale che potremmo definire “eco-sostenibile” diventa una priorità.
Cosa intendo per turismo ed agricoltura “eco-sostenibili”? Ebbene, un turismo ed un’ agricoltura che rispettino le conformazioni e le vocazioni del proprio territorio, e che le valorizzino senza stravolgerle. Un turismo ed un’agricoltura responsabili dunque, perché dobbiamo puntare a preservare quell’ ”incontaminazione” della natura, dell’arte, dei luoghi e dei prodotti, che contraddistingue l’intera nostra regione. Quando un turista, un passante o un semplice viaggiatore viene qui, quello che cerca è la purezza dell’aria e del territorio, la semplicità e bellezza dei borghi, la genuinità del nostro cibo e dei nostri vini. Ovvero tutto quello che ha difficoltà a reperire in altri contesti, come possono essere quelli delle grandi città o comunque delle regioni più densamente popolate.
E su questo, che dir se ne voglia, si può costruire tanto lavoro, basti pensare ai più noti esempi della Valle d’Aosta o del Trentino, dove un territorio stupendo è stato valorizzato enormemente, e dove molte persone vivono di turismo, cultura e agricoltura eco-sostenibili.
Detto ciò, al di là del discorso prettamente lavorativo, che sappiamo bene essere la motivazione principale per cui molti giovani vanno via da questa Regione, cosa manca (secondo me) a Gambatesa? Perché io e i miei coetanei abbastanza spesso decidiamo di spendere più tempo a Campobasso o altrove, piuttosto che qui? Forse abbiamo bisogno di più stimoli, che certamente in parte dobbiamo essere noi stessi a costruire, ma d’altro canto credo sia dovere di chi ci governa recepire le necessità della propria cittadinanza. Poi ovviamente sta a noi renderla una cittadinanza attiva e non passiva.
Ad esempio un’altra delle vocazioni di questo territorio, in particolare del nostro paesino, è quella della musica: sarebbe allora bello poter usufruire di un luogo in cui esercitare questa nobile arte, e con essa altri campi della cultura, come la lettura ed il cinema. Ovvero, sarebbe bello avere una struttura adibita a questi fini, dove i ragazzi possano incontrarsi, non solo per svagarsi, come purtroppo sempre più spesso accade solo nei bar e nei locali, ma anche e soprattutto per costruire qualcosa di importante riguardo al proprio futuro, al nostro futuro, e questo lo si può fare solo prendendo ulteriore consapevolezza del nostro presente, grazie alla cultura. E cosa sono la musica, la letteratura, il teatro, il cinema se non cultura?
Ecco cosa mi spronerebbe ulteriormente a passare molti dei miei pomeriggi qui, soprattutto nel periodo invernale, quando troppo spesso i nostri piccoli centri sembrano diventare quasi lande desertiche e desolate.
Abbiamo una struttura scolastica invidiabile, e forse tra non molti anni saremo costretti a vederla vuota a causa della decrescita demografica in cui versiamo. Rivalutarla e sfruttarla sempre di più anche nell’orario pomeridiano, come in effetti si sta già provando a fare, sarebbe di certo un’ottima cosa.
I ragazzi avrebbero una possibilità in più per suonare liberamente, vedere film, leggere romanzi, fare recite e spettacoli.
Ed oltre ad un castello di inestimabile valore storico-artistico, che a onor del vero l’attuale amministrazione sta già tentando di valorizzare il più possibile, avremmo anche un altro importante luogo d’incontro culturale.

Cos’altro posso aggiungere? Qualcuno potrebbe obiettare che il nostro futuro è in gran parte già deciso, ma a quest’affermazione potrei controbattere che siamo noi cittadini in primis, e i giovani più di tutti, a dover implementare e sorvegliare il lavoro di chi ci governa, ed è quindi troppo semplice scaricare le colpe della difficile situazione attuale solo sui politici e sugli organismi di governo, che pure dovrebbero essere i baluardi della giustizia economica e sociale, sebbene in molti casi siano solo i baluardi del proprio rendiconto personale. Dobbiamo imparare ad essere più civili, e a capire che i nostri interessi privati spesso coincidono con quelli del nostro prossimo, e solo perseguendo il bene collettivo potremmo raggiungere anche il nostro personale benessere. Non è una questione di buonismo o filantropia cristiana, ma di pura e semplice logica. E non lo dico io che sono solo un ragazzo qualunque, ma ce lo insegnano la storia e i suoi protagonisti. Armiamoci dunque di buona volontà e d’ impegno civile. Una delle mie massime preferite è “non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te”. Tentare di seguire questa semplice regola ci aiuterebbe a dare valore alla nostra terra, ai nostri usi e costumi, ai nostri concittadini, e in ultima analisi, a noi stessi.

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