Ieri si è tenuto a Gambatesa un convegno dal titolo "Territori che pensano il futuro, il Fortore".
Avrei dovuto leggere alcune mie considerazioni in quest'occasione, ma a causa di un contrattempo occorsomi durante gli ultimi minuti della discussione, e presa inoltre coscienza del fatto che molti dei temi che mi sarei apprestato a toccare erano già stati ampiamente discussi e s'era dunque passato a discorsi più specifici, non ho potuto farlo, e ho quindi pensato di riproporle sul mio blog. Quello che segue è il mio pensiero.
Quando il nostro
sindaco, Carmelina Genovese, mi ha proposto di fare un piccolo intervento
durante quest’importante occasione, in un primo momento mi sono sentito
spiazzato.
Sì, spiazzato perché oggi appare sempre più
raro che un amministratore chieda ad un semplice cittadino, peraltro un giovane,
di esprimere la propria opinione riguardo temi cruciali che ci riguardano
tutti, come quello che si sta trattando qui oggi.
L’input che la nostra
amministratrice mi ha dato, è stato il seguente: “cosa manca a voi giovani in
un paese come il nostro? Sarebbe utile se un ragazzo come te dicesse la propria
su questo tema.”
Ebbene è proprio
questo il motivo per cui, nonostante la mia iniziale reticenza, ho deciso di
non mancare quest’opportunità, scrivendo queste poche righe che mi appresto a
leggervi.
Proprio perché la
prima risposta che mi è venuta in mente riguardo alla domanda “cosa manca a voi
giovani?” è stata la seguente: essere maggiormente coinvolti nel nostro
presente e futuro, e conseguentemente, in quello del nostro territorio. E
quando il primo cittadino del tuo comune, non solo ti offre l’opportunità di
esprimere la tua opinione al riguardo, ma ti sprona inoltre a farlo, ritengo
che sia un dovere non tirarsi indietro. Questo è il motivo per cui mi trovo qui
a parlarvi, non in veste di esperto del settore, né di politico, ma in quanto
semplice e giovane cittadino, che come voi ha a cuore il suo avvenire, e quello
dei luoghi in cui vive.
Inutile negare che la
piaga che maggiormente affligge la nostra terra è quella della mancanza di
lavoro. Non sta a me dare soluzioni a questa problematica, poiché non ne ho le competenze né le capacità, ma
ritengo che le iniziative come quella odierna, che ci troviamo a discutere,
vadano nella giusta direzione.
In un territorio che,
come il nostro, non gode di una posizione geomorfologica favorevole, per la
conformazione stessa delle nostre colline, monti e valli, e per la sua
marginalità rispetto ai centri economici più importanti della Nazione, è a mio
parere necessario puntare a valorizzare quello che abbiamo, piuttosto che a
costruire quello che comunque non ci renderebbe tanto quanto rende in zone più
centrali e adatte al suo sviluppo. E qui mi riferisco in particolare alla
vocazione agricola e rurale del nostro territorio.
È allora giusto
investire le risorse economiche che ci vengono concesse in due principali
ambiti, a mio modo di vedere, tra loro correlati: la cultura e l’agricoltura.
Dunque incentivare un
tipo di agricoltura, e perché no, di turismo gastronomico e culturale che
potremmo definire “eco-sostenibile” diventa una priorità.
Cosa intendo per
turismo ed agricoltura “eco-sostenibili”? Ebbene, un turismo ed un’ agricoltura
che rispettino le conformazioni e le vocazioni del proprio territorio, e che le
valorizzino senza stravolgerle. Un turismo ed un’agricoltura responsabili
dunque, perché dobbiamo puntare a preservare quell’ ”incontaminazione” della
natura, dell’arte, dei luoghi e dei prodotti, che contraddistingue l’intera
nostra regione. Quando un turista, un passante o un semplice viaggiatore viene
qui, quello che cerca è la purezza dell’aria e del territorio, la semplicità e
bellezza dei borghi, la genuinità del nostro cibo e dei nostri vini. Ovvero
tutto quello che ha difficoltà a reperire in altri contesti, come possono
essere quelli delle grandi città o comunque delle regioni più densamente
popolate.
E su questo, che dir
se ne voglia, si può costruire tanto lavoro, basti pensare ai più noti esempi
della Valle d’Aosta o del Trentino, dove un territorio stupendo è stato
valorizzato enormemente, e dove molte persone vivono di turismo, cultura e
agricoltura eco-sostenibili.
Detto ciò, al di là
del discorso prettamente lavorativo, che sappiamo bene essere la motivazione
principale per cui molti giovani vanno via da questa Regione, cosa manca (secondo
me) a Gambatesa? Perché io e i miei coetanei abbastanza spesso decidiamo di
spendere più tempo a Campobasso o altrove, piuttosto che qui? Forse abbiamo
bisogno di più stimoli, che certamente in parte dobbiamo essere noi stessi a
costruire, ma d’altro canto credo sia dovere di chi ci governa recepire le
necessità della propria cittadinanza. Poi ovviamente sta a noi renderla una
cittadinanza attiva e non passiva.
Ad esempio un’altra
delle vocazioni di questo territorio, in particolare del nostro paesino, è
quella della musica: sarebbe allora bello poter usufruire di un luogo in cui
esercitare questa nobile arte, e con essa altri campi della cultura, come la
lettura ed il cinema. Ovvero, sarebbe bello avere una struttura adibita a
questi fini, dove i ragazzi possano incontrarsi, non solo per svagarsi, come purtroppo
sempre più spesso accade solo nei bar e nei locali, ma anche e soprattutto per costruire
qualcosa di importante riguardo al proprio futuro, al nostro futuro, e questo
lo si può fare solo prendendo ulteriore consapevolezza del nostro presente,
grazie alla cultura. E cosa sono la musica, la letteratura, il teatro, il
cinema se non cultura?
Ecco cosa mi
spronerebbe ulteriormente a passare molti dei miei pomeriggi qui, soprattutto
nel periodo invernale, quando troppo spesso i nostri piccoli centri sembrano
diventare quasi lande desertiche e desolate.
Abbiamo una struttura
scolastica invidiabile, e forse tra non molti anni saremo costretti a vederla
vuota a causa della decrescita demografica in cui versiamo. Rivalutarla e
sfruttarla sempre di più anche nell’orario pomeridiano, come in effetti si sta
già provando a fare, sarebbe di certo un’ottima cosa.
I ragazzi avrebbero
una possibilità in più per suonare liberamente, vedere film, leggere romanzi,
fare recite e spettacoli.
Ed oltre ad un
castello di inestimabile valore storico-artistico, che a onor del vero
l’attuale amministrazione sta già tentando di valorizzare il più possibile,
avremmo anche un altro importante luogo d’incontro culturale.
Cos’altro posso
aggiungere? Qualcuno potrebbe obiettare che il nostro futuro è in gran parte
già deciso, ma a quest’affermazione potrei controbattere che siamo noi
cittadini in primis, e i giovani più di tutti, a dover implementare e
sorvegliare il lavoro di chi ci governa, ed è quindi troppo semplice scaricare
le colpe della difficile situazione attuale solo sui politici e sugli organismi
di governo, che pure dovrebbero essere i baluardi della giustizia economica e
sociale, sebbene in molti casi siano solo i baluardi del proprio rendiconto
personale. Dobbiamo imparare ad essere più civili, e a capire che i nostri
interessi privati spesso coincidono con quelli del nostro prossimo, e solo
perseguendo il bene collettivo potremmo raggiungere anche il nostro personale
benessere. Non è una questione di buonismo o filantropia cristiana, ma di pura
e semplice logica. E non lo dico io che sono solo un ragazzo qualunque, ma ce
lo insegnano la storia e i suoi protagonisti. Armiamoci dunque di buona volontà
e d’ impegno civile. Una delle mie massime preferite è “non fare agli altri ciò
che non vorresti fosse fatto a te”. Tentare di seguire questa semplice regola
ci aiuterebbe a dare valore alla nostra terra, ai nostri usi e costumi, ai
nostri concittadini, e in ultima analisi, a noi stessi.
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