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martedì 29 gennaio 2019

Moda e anti-moda: due concezioni fallaci

Le mode sono dure da aggirare, specialmente per chi, assumendo di possedere una salda identità, tende ad esteriorizzarla sfruttando un determinato indirizzo di gusto corrente, cui propende ad uniformarsi ed infine a lasciarsi assimilare, cedendo incondizionatamente proprio quella supposta "identitas" che sarebbe nell'atto di riaffermare.
Per questo non ho mai amato le mode (pur essendoci inciampato di tanto in tanto), né apprezzo l'atteggiamento di coloro che pur di sfuggire alla gravità accentratrice dello "stile attuale" si oppongono aprioristicamente ad ogni suo contenuto, evitando con accuratezza di valutarne le varie componenti.
Facebook è stato di moda sino a qualche tempo fa, cedendo lentamente il trono (presumibilmente temporaneo) della popolarità "virtuale" a Twitter, ed Instagram in particolar modo.
Oggi i più giovani snobbano Facebook come mezzo datato e adoperato per lo più da individui di una certa età, utilizzandolo solo saltuariamente rispetto al più "figo" fratello minore, Instagram.
Non di meno, Facebook continua ad essere un contenitore colmo di esternazioni d'ogni sorta, dove le riflessioni sentite soccombono ai piedi del superficialismo, dell'arroganza, della tuttologia. Più maturi, insomma, non vuol automaticamente dire più sapienti.
Così capita di collegarsi alla home del celebre social-network e di vedersi risucchiati in un vortice di false notizie, complottismi, gratuite cattiverie, ringhiose critiche a caso, sciorinature di presunte verità universali, e quanto di peggio possa partorire un'intelligenza che si definisca umana. C'è anche dell'altro ovviamente, e io mi auguro di farne parte, ma l'atteggiamento più diffuso, in genere, è di sì fatta levatura.
Spesso valuto se abbandonare questa piattaforma, giacché ad ogni buon conto non mi appartiene, non la sento mia, come la stragrande maggioranza dei "social".
Sono sempre stato critico rispetto a tali strumenti comunicativi, e iscrivendomi non ho cessato di riscontrarvi innumerevoli negatività. Per ora continuo ad usufruirne proprio ambendo a farlo in maniera diversa, praticandoli con moderazione e cercando più di avvalorare quanto dico, che il modo in cui lo faccio. Io stesso mi sono lasciato andare ad alcuni "colpi d'effetto", che talvolta appaiono congeniali alla trasmissione di un certo contenuto, ma che troppo spesso ne annebbiano la forza e la significanza.
Ecco, mi pare che questa sia divenuta un'altra delle tante mode da sradicare, cui non contrapporre però un' "anti-moda", che inevitabilmente diverrebbe moda a sua volta, bensì un approccio più pratico e meno generalizzante.
Penso ad esempio alle ceneri del Dadaismo, prolifico e pervicace movimento culturale soffocato dalle sue stesse istanze dogmaticamente contrappositive.
Pur prendendo le mosse da una condivisibile critica di alcuni principi culturali considerati limitanti, laddove non falsi, dando inoltre origine ad opere d'arte e problematiche che risultano ancora oggi palpabili, taluni dadaisti finirono per esprimersi solo per contrapposizione, svilendo la rilevanza di una proposta alternativa. Questa, senza offesa per gli illustri esponenti della sopracitata tendenza, è una questione aperta, alla quale rispondono magnificamente le fanfare di coloro che, non avendo né un'acuta percezione delle cose né la statura di formulare un'idea, finiscono per lagnarsi indistintamente di tutto, lasciandosene divorare.
Negando ogni cosa, si finisce per negare se stessi.




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