Fin dagli anni della prima
adolescenza ho sempre nutrito una profonda ammirazione verso coloro che
leggevano assiduamente libri.
Con gli occhi di un undicenne
cresciuto a pane e televisione, scorgevo in questi individui, e nel loro atto,
un appetito di conoscenza che percepivo quasi "magico".
Sono state molte più le volte in
cui mi sono deliberatamente spacciato per un accanito lettore (magari per far
colpo su qualche ragazzina, o per mostrarmi più saggio di quanto fossi) che
quelle in cui lo sia effettivamente stato.
Il mio amore per la lettura
sboccia e s'assopisce a intermittenza, e questo è stato particolarmente vero
almeno fino a qualche anno fa. Anzi, paradossalmente credo di aver tentato
prima di "scrivere seriamente", e solo dopo di leggere con
altrettanto impegno.
Sono "figlio" della
televisione, dicevo, anche se poi è arrivato il web a spodestarla.
Il mio carattere inquieto m’impedisce
di protrarmi troppo a lungo in un'attività che non abbia, almeno
apparentemente, un immediato risultato pratico.
Questo (probabilmente un
malcelato senso di colpa e insoddisfazione) si è dimostrato un buon antidoto
contro l'inoperosità e l'accasciarmi su me stesso.
Così generalmente non riesco a guardare
la tv, a collegarmi ad internet per un periodo consistente e in maniera
spensierata, se prima non ho fatto almeno qualcosa che ritenga immediatamente
utile.
Allo stesso modo prediligo
leggere di sera, quando mi pare di aver esaurito il mio minimo apporto alla
vita quotidiana della casa e delle persone che mi stanno intorno.
Negli ultimi anni ho perfezionato
le mie qualità di lettore, preferendo sempre più spesso perdermi tra le righe
di un racconto o di un saggio, piuttosto che tra le immagini di un film, molti
dei quali continuo parimenti ad apprezzare come forma espressiva alternativa.
Non sono comunque diventato un lettore
eccezionale, come taluni che ho avuto ed ho il piacere di conoscere. 
Mi piace prendermi il mio tempo
con un libro: leggerlo solo quando mi sento davvero in vena di farlo, tornare
indietro di qualche pagina quando qualcosa non mi è chiaro, tenerlo sul
comodino pronto all'uso per un po'. Per un certo periodo, la copertina di quel
libro si confonde, in qualche misura, con l'immagine della mia vita.
E, nonostante il trascorrere del
tempo, continuo ad avvertire qualcosa di "magico", inafferrabile,
indefinito in un libro. Sarà lo spazio che corre tra il fissare una parola e la
sua interpretazione, oppure quella prorompente facoltà di colmare un brandello
vuoto di conoscenza, che a sua volta ne schiude un altro.
Ci vuole un certo periodo per
leggere un libro, e talvolta impegno: la sapienza ha bisogno di tempo per
lasciare il suo seme, di pazienza, d’intuizione ma anche di studio, dei sensi
e, almeno in parte, della "ragione", affinché germini.
La sapienza, però, non è una meta
tangibile in cui approdare, piuttosto un percorso lungo e, il più delle volte, travagliato
da percorrere: questa considerazione a sua volta non è l’espressione di un
imperante relativismo padre di ogni cosa, ma la presa d’atto dell’assoluto carattere
umano del sapere inteso come risultato di un processo cognitivo che tenta di
racchiudere ogni ambito al suo interno. 
Anche gli animali sono in un
certo senso sapienti, ovvero conoscono, in molti casi meglio degli uomini, le
cause e gli effetti del rapporto tra il loro corpo e il mondo circostante. Ad
ogni modo non sembra che pretendano di “sapere” tutto e di spiegarlo agli
altri, caratteristica tipica degli individui della nostra specie.
Dagli albori della sua storia l’uomo
si è opposto al timore del caos, cercando di trovare un senso ad ogni cosa,
dandosi una struttura, dei ruoli, delle norme. Questo “sviluppo”, ovviamente
imperfetto, è comunque l’espressione più autentica dell’esperienza umana, nel
bene e nel male.
Dal basso della mia ignoranza
auspico che questo processo diventi sempre più consapevole e inclusivo delle
diversità che si manifestano con spirito, anche fortemente critico, ma sempre
rispettoso dell’altrui esistenza.
E in questo i libri, con tutte le
loro incompiutezze, possono ancora darci una grande mano.
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