Quarto giorno del nostro viaggio di nozze. Si parte dalla fastosa ed imperiale Vienna di buon mattino, per giungere al campo di concentramento di Mauthausen. È l'unica tappa su cui nutrivamo qualche perplessità, forse non si addice alla luna di miele di due novelli sposi, ma il nostro è un viaggio organizzato, ed infondo ci pare un affronto esimerci da questa visita così drammatica e rilevante.
Ad attenderci la nostra guida, un austriaco sulla cinquantina, non molto alto ma in piena forma fisica, dimostra certamente meno degli anni che ha con il suo taglio a spazzola e l'abbigliamento casual. Parla bene l'italiano, anche se con l'accento tipico della lingua tedesca. Noto subito al suo polso un meraviglioso orologio: un Rado, riedizione degli anni 50' con Dial verde soleil sfumato petrolio. Gli faccio i miei complimenti.
Porta con sé alcuni fogli, lettere, stampe, fotografie, testimonianze che utilizzerà per supportare la nostra visita.
Ci dirigiamo subito in prossimità degli enormi massi di granito che gli internati erano costretti a trasportare per lunghissime ore, sulla "Scala della morte": un vortice spaventoso solo a guardarlo, una specie di discesa negli inferi tant'è ripida ed insidiosa, e mi domando come potessero degli uomini mal nutriti e nelle peggiori condizioni igieniche immaginabili ascenderla con addosso massi di cinquanta e più chili.
La guida ci sfida a sollevarne uno. Li guardo e penso che prendendo uno dei più piccoli potrei farcela, ma che senso avrebbe? Desisto.
Dalla collina s'intravede una fattoria, la stessa dalla quale una signora scrisse una lettera che il nostro Cicerone ci legge: si lamenta delle vessazioni, delle violenze perpetrate nei confronti dei detenuti alla luce del sole, chiede che le si facciano laddove nessuno può vederle.
Andando avanti visitiamo i capannoni, le camere a gas, i crematori.
Ero pronto a tutto questo, ne avevo letto, studiato, sentito parlare dalla viva voce dei sopravvissuti, visto foto e video.
A qualcuno scende una lacrima, qualcun altro fa il segno della croce.
Una cosa mi rimane impressa di questa nostra visita: le parole di uno scrittore, Viktor Frankl, lette con trasporto dalla nostra guida. Psicologo, rinchiuso in quattro diversi lager, Frankl sostiene che in ogni situazione, anche la peggiore ove l'uomo è abbruttito da ogni forma di cattiveria e violenza gratuita come all'interno dei lager, questi continua ad avere una possibilità di scelta in merito al suo comportamento.
Nulla di più scontato, ma se a dirlo è uno che ha vissuto sulla propria pelle tutta la cattiveria di cui il genere umano è capace, che è stato testimone degli oppressi che divenivano oppressori famelici, e parimenti di altri, i meno naturalmente, che preservavano una dignità assoluta anche nelle torture più atroci, c'è da dargli credito, e da tentare di fondarvi le basi del proprio comportamento in ogni situazione quotidiana.
Non avevo mai sentito parlare di Viktor Frankl, del quale ho ora avuto modo di leggere alcune opere che descrivono il suo metodo psicoterapeutico, la logoterapia.
A tutti, però, consiglio di leggere il suo breve libro "Uno psicologo nei lager"; se non ci sarà d'aiuto nel migliorare il nostro modo di essere, quantomeno avremo testimonianza che qualcuno, spogliato da ogni dignità umana tranne che da quella che si era costruito dentro di sé, ci è riuscito e che dunque è possibile essere uomini migliori, sempre e comunque.
