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sabato 8 novembre 2014

Recensione: Dire Straits, "Brothers in arms"



Dire Straits: “Brothers in arms”



Per uno che ha sempre avuto l’ambizione di suonare la chitarra, sarebbe stato un delitto non parlare di Mark Knopfer e dei suoi Dire Straits.
Il disco forse più completo di questa band è Brothers in arms, trentacinque milioni di copie vendute in tutto il mondo.
Volete un cd da ascoltare in auto magari quando uscite per un lungo viaggio?
Eccovi serviti.
So far away dà avvio a questo tragitto con uno slow rock distensivo, tanto per prepararci al meglio ai lunghi chilometri che ci attendono.
Poi arriva Money for nothing ed è subito rock’n roll.
Chi di voi non ha mai provato ad alzare il volume dello stereo a palla, sul tagliente riff di chitarra iniziale? Se non l’avete mai fatto, non sapete cosa vi state perdendo. Chiudete queste pagine e andate a provarci!
La canzone ci fa anche riflettere, con quel ”Voglio la mia MTV!” che ci attesta quanto sia appetibile diventare dei divi, magari senza fare nulla di che, semplicemente suonando una chitarra.
Knopfer dà il meglio di sé in questo pezzo, consacrandolo al livello di “evergreen” che non si smette mai di ascoltare.
C’è chi non ama affatto la sua voce, a me invece quel tono un po’ “scazzato” ha sempre fatto impazzire.
Walk of life aggiunge un tappeto di tastiere e un tipico sound anni 80’, contornato da abbondante country.
Il sassofono di Your latest trick ci solleva in una sorta di stato d’estasi, con un cantato che rilasserebbe anche i nervi di uno psicopatico.
Il nostro viaggio comincia a prendere quota.
Lo fa definitivamente con Why worry e il suo arpeggio ipnotizzante, e con Ride across the river densa di ritmi quasi reggae e della strabiliante chitarra del nostro Mark. Il suo magico tocco (caratterizzato dal mancato utilizzo del plettro, e quindi da una peculiare tecnica che alterna l’uso delle dita, e in particolare dell’unghia del pollice) rende ogni nota così chiara e tagliente che potrebbe fare a fette l’aria stessa.
Sempre la chitarra (stavolta acustica) è protagonista della successiva The man’s too strong.
One world ci restituisce un po’ di ritmo, con la batteria e il basso che si riappropriano della scena.
Il finale è di quello con i botti, ma che dico botti, fuochi d’artificio!
Brothers in arms vale da sola tutto l’album. Tutte le altre canzoni messe assieme non raggiungono la sua bellezza.
Una melodia inebriante, un cantato amareggiato ed esile, un testo degno della poesia civile di Foscolo, e la chitarra di Knopfer che staglia gli Straits lassù in cielo, tra gli dei del rock.
“These mist covered mountains, are a home now for me. But my home is the lowlands, and always will be. Some day you’ll return to your valleys and your farms. And you? I’ll no longer burn, to be brothers in arms.”
Non potevo distruggere la magia di questi versi, traducendoli in italiano.
Non potevo non dedicare uno spazio ai creatori di questo capolavoro.
Non potevo trascurare uno dei miei chitarristi preferiti.
Non potevo, e non l’ho fatto.

Voto: 8.5/10

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