Dire Straits:
“Brothers in arms”
Per uno che ha sempre
avuto l’ambizione di suonare la chitarra, sarebbe stato un delitto non parlare
di Mark Knopfer e dei suoi Dire Straits.
Il disco forse più
completo di questa band è Brothers in
arms, trentacinque milioni di copie vendute in tutto il mondo.
Volete un cd da
ascoltare in auto magari quando uscite per un lungo viaggio?
Eccovi serviti. 
So far away dà avvio a questo tragitto con uno
slow rock distensivo, tanto per prepararci al meglio ai lunghi chilometri che
ci attendono.
Poi arriva Money
for nothing ed è subito rock’n roll. 
Chi di voi non ha mai
provato ad alzare il volume dello stereo a palla, sul tagliente riff di
chitarra iniziale? Se non l’avete mai fatto, non sapete cosa vi state perdendo.
Chiudete queste pagine e andate a provarci!
La canzone ci fa anche
riflettere, con quel ”Voglio la mia MTV!” che ci attesta quanto sia appetibile
diventare dei divi, magari senza fare nulla di che, semplicemente suonando una
chitarra. 
Knopfer dà il meglio
di sé in questo pezzo, consacrandolo al livello di “evergreen” che non si
smette mai di ascoltare.
C’è chi non ama
affatto la sua voce, a me invece quel tono un po’ “scazzato” ha sempre fatto
impazzire.
Walk of life aggiunge un tappeto di tastiere e un
tipico sound anni 80’, contornato da abbondante country. 
Il sassofono di Your
latest trick ci solleva in una sorta di stato d’estasi, con un cantato
che rilasserebbe anche i nervi di uno psicopatico.
Il nostro viaggio
comincia a prendere quota.
Lo fa definitivamente
con Why
worry e il suo arpeggio ipnotizzante, e con Ride across the river
densa di ritmi quasi reggae e della strabiliante chitarra del nostro Mark. Il
suo magico tocco (caratterizzato dal mancato utilizzo del plettro, e quindi da
una peculiare tecnica che alterna l’uso delle dita, e in particolare
dell’unghia del pollice) rende ogni nota così chiara e tagliente che potrebbe
fare a fette l’aria stessa.
Sempre la chitarra
(stavolta acustica) è protagonista della successiva The man’s too strong.
One world ci restituisce un po’ di ritmo, con
la batteria e il basso che si riappropriano della scena.
Il finale è di quello
con i botti, ma che dico botti, fuochi d’artificio!
Brothers in arms vale da sola tutto l’album. Tutte le
altre canzoni messe assieme non raggiungono la sua bellezza. 
Una melodia
inebriante, un cantato amareggiato ed esile, un testo degno della poesia civile
di Foscolo, e la chitarra di Knopfer che staglia gli Straits lassù in cielo,
tra gli dei del rock.
“These mist covered mountains, are a home now for me. But my home is the
lowlands, and always will be. Some day you’ll return to your valleys and your
farms. And you? I’ll no longer burn, to be brothers in arms.”
Non potevo distruggere
la magia di questi versi, traducendoli in italiano.
Non potevo non
dedicare uno spazio ai creatori di questo capolavoro.
Non potevo trascurare
uno dei miei chitarristi preferiti.
Non potevo, e non l’ho
fatto.
Voto: 8.5/10
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