Noah and the
Whale: “The first days of spring”
Il folk rock dei Noah
and the Whale non ha mai più raggiunto (fino ad ora) vette così alte come in
questo caso.
Un album crepuscolare
che ha il merito di aver fuso al suo interno la freschezza del primo indie, e
l’intimità propria di una certa musica folk, soul e blues.
L’uso di strumenti
tipici richiama nettamente la più antica tradizione musicale celtica.
Charlie Fink ha una
voce incredibilmente profonda e usa questa caratteristica per toccare le note
più basse della nostra anima, riuscendoci meravigliosamente.
Il tutto è adagiato su
un ricamo melodico sopraffino, fatto di poche note cariche di significati.
Ricordo nitidamente il
momento in cui scovai questo gioiellino. Era un tipico giorno autunnale, freddo
e piovoso, che rispecchiava il mio stato d’animo.
Non avevo nulla da
fare, e così decisi di ascoltare un po’ di nuova musica per tirarmi su di
morale.
Cercavo qualcosa di
simpatico e leggero, quando mi ricordai che un ragazzo mi aveva parlato di
questo gruppo, il cui nome era stato ispirato dal film di Noah Baumbach “The
Squid and The Whale”.
Certo, non era
propriamente musica leggera, ma mi scaldò il cuore e mi fece star meglio,
regalandomi uno strano sentimento di empatia. Corsi al mio negozio di fiducia
per acquistarlo.
Mai scelta fu più
azzeccata.
Mojo: ”Breathtaking”. Sunday Times: “A masterpiece”. Q Magazine: “Magical”.
Per una volta anche le
riviste dei critici erano tutte d’accordo sulla squisitezza di The first days of spring.
Adoro l’immagine di
copertina di quest’album, le sue melodie blande, la tristezza di Blue
skies.
“This is the song for anyone with a broken heart”.
E se a qualcuno di voi
è mai capitato di aver sentito il proprio cuore infranto, gli consiglio
sinceramente di bersi quest’album in un sol respiro.
Non esiste medicina
migliore.
Voto: 8/10
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