Eddie Vedder:
“Into the wild”
Immaginate di trovarvi
nel bel mezzo di una sterminata prateria americana. Immaginate di essere soli,
inghiottiti dalla lussureggiante natura che vi circonda.
Il sole tramonta.
Nessun altro uomo,
niente cellulare, niente soldi, nessun rumore al di là di qualche verso
animalesco.
A parte i più
simpatici di voi che indubbiamente penserebbero “ok, sono fottuto!”, gli altri
si lascerebbero cullare dall’enorme bellezza del luogo e del momento.
Ecco, questo disco
sarebbe la colonna sonora perfetta per tale situazione.
In realtà una colonna
sonora lo è davvero, quella del film omonimo diretto da Sean Penn, una
pellicola appassionante dalla quale la nostra opera musicale non può essere
scissa.
Sapientemente basato
sulle radici della cultura musicale americana, tra sprazzi di folk, blues, e
una leggerissima spruzzata di rock, questa colonna sonora accompagna la storia
vera di Christopher McCandless. Giovane del West Virginia, egli decise di
abbandonare la corrotta società dei soldi e dell’uomo, per ritirarsi (dopo aver
affrontato un lungo ed estenuante viaggio) “nelle terre selvagge”.
Testi profondi, soavi
giri di chitarre acustiche, un ukulele che di tanto in tanto fa capolino, e la
splendida voce di Eddie sono la cifra di questo lavoro.
“Pensi di dover volere
più di quello che hai bisogno, finché non hai tutto non sarai libero. Società
sei una razza folle, spero che tu non ti senta sola senza di me”. Così recita Society,
a mio parere il pezzo più struggente.
Cos’è che spinge un
giovane uomo laureato e abbiente a fuggire dal mondo in cui è cresciuto?
Una critica radicale
del “modus vivendi” al quale siamo tutti asserviti. La voglia di riscoprire il
vero senso dell’esistenza, il vero valore della vita, il vero sapore di una
mela.
La voglia
dell’infinito, potrebbe asserire qualcuno. Secondo i romantici ogni uomo tende
verso l’infinito. Basti pensare ai dipinti di Friedrich, ai libri di Goethe o a
quelli di Wordsworth, per citarne solo alcuni.
Bè, Eddie Vedder ci
racconta la sua, attraverso queste undici ballate, tramite la bellezza
disarmante di Hard sun, gli ululati di The Wolf, le note sublimi di Guaranteed.
E cos’è che ci dice?
Semplicemente che la
natura è troppo bella per non amarla, che è la nostra vera casa, e che per
quanto cemento e perfidia noi uomini possiamo gettare su questa Terra, nel bene
e nel male essa sarà sempre lì a ricordarci che “torneremo da dove siamo
arrivati”. Proprio com’è accaduto a Chris.
Voto: 8/10
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