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sabato 30 agosto 2014

Recensione: Eddie Vedder "Into the wild"





Eddie Vedder: “Into the wild”




Immaginate di trovarvi nel bel mezzo di una sterminata prateria americana. Immaginate di essere soli, inghiottiti dalla lussureggiante natura che vi circonda.
Il sole tramonta.
Nessun altro uomo, niente cellulare, niente soldi, nessun rumore al di là di qualche verso animalesco.
A parte i più simpatici di voi che indubbiamente penserebbero “ok, sono fottuto!”, gli altri si lascerebbero cullare dall’enorme bellezza del luogo e del momento.
Ecco, questo disco sarebbe la colonna sonora perfetta per tale situazione.
In realtà una colonna sonora lo è davvero, quella del film omonimo diretto da Sean Penn, una pellicola appassionante dalla quale la nostra opera musicale non può essere scissa.
Sapientemente basato sulle radici della cultura musicale americana, tra sprazzi di folk, blues, e una leggerissima spruzzata di rock, questa colonna sonora accompagna la storia vera di Christopher McCandless. Giovane del West Virginia, egli decise di abbandonare la corrotta società dei soldi e dell’uomo, per ritirarsi (dopo aver affrontato un lungo ed estenuante viaggio) “nelle terre selvagge”.
Testi profondi, soavi giri di chitarre acustiche, un ukulele che di tanto in tanto fa capolino, e la splendida voce di Eddie sono la cifra di questo lavoro.
“Pensi di dover volere più di quello che hai bisogno, finché non hai tutto non sarai libero. Società sei una razza folle, spero che tu non ti senta sola senza di me”. Così recita Society, a mio parere il pezzo più struggente.
Cos’è che spinge un giovane uomo laureato e abbiente a fuggire dal mondo in cui è cresciuto?
Una critica radicale del “modus vivendi” al quale siamo tutti asserviti. La voglia di riscoprire il vero senso dell’esistenza, il vero valore della vita, il vero sapore di una mela.
La voglia dell’infinito, potrebbe asserire qualcuno. Secondo i romantici ogni uomo tende verso l’infinito. Basti pensare ai dipinti di Friedrich, ai libri di Goethe o a quelli di Wordsworth, per citarne solo alcuni.
Bè, Eddie Vedder ci racconta la sua, attraverso queste undici ballate, tramite la bellezza disarmante di Hard sun, gli ululati di The Wolf, le note sublimi di Guaranteed.
E cos’è che ci dice?
Semplicemente che la natura è troppo bella per non amarla, che è la nostra vera casa, e che per quanto cemento e perfidia noi uomini possiamo gettare su questa Terra, nel bene e nel male essa sarà sempre lì a ricordarci che “torneremo da dove siamo arrivati”. Proprio com’è accaduto a Chris.

Voto: 8/10 

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