Cerca nel blog

domenica 17 agosto 2014

Franz Ferdinand, Franz Ferdinand



Andiamo avanti con la nostra "opera recensitoria" di buoni dischi...


Franz Ferdinand: “Franz Ferdinand”


-Cosa prendete?-
Questo domandò il barman quando entrammo in quel pub a Glasgow.
Il tizio di fianco a me chiese una birra. Era alto, smilzo, pallido e aveva una voce baritonale.
Anch’io ne presi una, e quello blaterò: -Stasera offro io!-
Gli domandai come mai fosse così allegro, tanto da pagare anche per me, un perfetto sconosciuto.
Il biondo mi raccontò che qualche mese addietro era uscito il primo album della sua band, e che quella sera avrebbero inaugurato il loro tour proprio in quel locale.
I Franz Ferdinand. Che razza di nome. A questo punto non sarebbe stato meglio chiamarsi Gavrilo Princip?
In fondo era stato lui a dare un ulteriore pretesto per cominciare quell’assurda guerra. – Non volevamo prendere il nome di un assassino, e poi Franz Ferdinad suonava molto meglio!-
Già, come dargli torto.
Alex Kapranos, questo il suo nome, mi salutò e raggiunse i suoi compari nel backstage.
Risalirono tutti insieme sul palco del locale, dopo una mezz’oretta.
Iniziarono a suonare una certa Jacqueline, un pezzo che partiva esile con qualche accordo di chitarra acustica, e che poi esplose indomito con un basso al cardiopalma, una batteria tartassante, e chitarre distorte.
In un secondo l’intero pubblico, fino ad allora annoiato, cominciò a salterellare a ritmo di musica. Si divertivano tutti da pazzi, tranne me che restavo nel mio angolino con un broncio di disapprovazione.
Al secondo pezzo Tell her tonight, i più erano già impazziti per quei quattro scozzesi, e non si contenevano nel farfugliare qualche parola campata in aria, nel tentativo di emulare la scanzonata e peculiare traccia vocale della canzone.
Quando attaccarono Take me Out i Ferdinand erano al culmine dell’eccitazione, e quel ritmo dirompente tra il funky e l’hard rock trascinò tutti in una sorta di Iperuranio dello spasso.
Cercavo di trattenere il mio coinvolgimento restando in disparte, ma diventava sempre più difficile.
Alex mi salutò, prima d’intonare la successiva Dark of the Matinée, gridando:- Fate un applauso al mio amico italiano in fondo alla sala!-
Ma che faccia tosta… aveva anche il coraggio di mettermi in imbarazzo!
Auf Achse era diversa dalle altre. Più seriosa ma similmente coinvolgente, e con un sintetizzatore e un cantato a cui era impossibile non affezionarsi.
Così cedetti e mi avvicinai un po’ allo stage.
Alla fine ascoltai Cheating on you, This fire, Darts of Plesure, Micheal e Come on Home con grande appagamento e disinvoltura, e per la chiusura (40 feet) ero in prima fila a pogare come il peggiore dei fan.
La rabbia aveva ceduto il posto alla voglia di  lasciarsi andare al ritmo esaltante di quelle incredibili canzoni.
Con quello dei Muse, il miglior rock (in senso stretto) dell’ultimo decennio. Che energia!
La serata si concluse con uno scrosciante applauso e cori da stadio rivolti ai nostri artisti.
Tutto sommato era stata davvero un’esperienza entusiasmante!
Ah, vi starete domandando come mai inizialmente ero adirato e non volevo unirmi ai festeggiamenti del concerto…
Bè, quel bastardo di Alex non solo non mi aveva offerto la birra, ma si era per giunta dimenticato di pagare anche la sua! E così m’era toccato sborsare per entrambi.
Mai fidarsi di un musicista!

                                                          Voto: 8/10

















Nessun commento:

Posta un commento